Concorso per la ridefinizione architettonica di Piazza Carlo Maria Carafa a Grammichele, 1997

  Grammichele

con Anna Maria Puleo
S. Ascione, F. Domenichiello, A. Gargiulo

In tutte le città pianificate è forte la lacerazione tra la monotonia del modello - quindi l'assenza dei segni che scandiscono lo sviluppo spazio-temporale - e la varietà e individualità della scala edilizia. Come gabbia che contiene e prevede le azioni, la forza del modello è nell'ingenuità con cui impone un futuro immodificabile. Tuttavia, proprio nel contrasto con la realtà della costruzione si rivela il significato profondo dell'esperienza; la drammaticità dell'intensa dialettica è il fondamento del suo effetto artistico, va riconosciuta e accettata, senza correzioni. A Grammichele il conflitto si concretizza in ogni cantonale, ennesima prova della dicotomia arte-vita. Reperti dell'archeologia urbana, le paraste rappresentano i due livelli compresenti, della fondazione e della reale costruzione; in quanto elementi simbolici della città non debbono essere trasformate o riprodotte.
Nel confronto con i segni emblematici della storia urbana il progetto si misura anche con l'assenza dello gnomone, voluto, in forma di croce, dal suo fondatore astronomo. Dopo più di un secolo dalla sua rimozione, la meridiana è, oggi, un racconto, una memoria, un mito della città e della fondazione, più che una realtà da far materialmente risorgere dal passato: qualcosa da tramandare nei racconti, più che una presenza in cui imbattersi realmente. Alla geometria ingenua, ottimista e autoritaria dell'atto fondativo il progetto potrà tuttavia opporre la geometria chimerica e illusionista della pavimentazione della piazza, quella problematica e crudamente moderna dell'anello ipogeo, quella segreta e sfuggente degli esagoni replicanti tra le due Chiese.

I contesti
1. Piazza Carlo Maria Carafa
Il centro della città è situato su un pianoro, vi si arriva percorrendo le strade in leggera pendenza. Raggiunto il centro, la percezione inversa è definita come orizzonte, l'orizzonte aperto del fondale delle sei strade, quello vario e discontinuo delle quinte, ora forte e emergente, ora schizzato e abbozzato. La piazza si configura, dunque, come uno spazio naturale, l'architettura non la definisce come l'impianto farebbe intendere; questo carattere impressionistico e sfumato dell'insieme non è trasformabile e non va alterato.
L'eliminazione della croce gnomonica rende più difficile oggi la scoperta e la percezione del centro. Il progetto deve affrontare e risolvere il problema dell'orientamento dell' osservatore accompagnandone il movimento. Perimetrato l'anello stradale, sì è circoscritto un nuovo esagono definito dall'invaso ripavimentato. Alla riproposta del terminale prospettico, inefficace nella prospettiva dai corsi, si è così contrapposta la scoperta di un secondo ambito concepito come recinto, facendo ricorso ad un pattern islamico, in cui la geometria cristallina del centro sfuma e si confonde in pezzature materiche. L‘esagono subisce una leggera rotazione, per disporsi con esattezza sull' asse nord-sud, e viene limitato da tre edicole, semplici quinte, rivolte verso i tre percorsi preferenziali, che accompagnano le scale di discesa al sottosuolo. Nel sottosuolo le geometrie dei due esagoni si scoprono e si confrontano, determinando la sezione variabile del deambulatorio, che ospiterà l'antiquarium.
Grammichele

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2. Le due Chiese
Proprio alle spalle della piazza si rivela in crisi la continuità del modello per l'accostamento tra la formidabile mole delle due Chiese, incastrate ad angolo retto nella maglia, e il tessuto. Il conflitto, che il progetto moderno intuisce positivamente, può essere reso esplicito in una relazione architettonica non prevista. Già solo la contrapposizione è sufficiente a definire una nuova complessità spaziale: i nuovi invasi, individuati dalla posizione dei singoli elementi, creano un inserto inedito e sorprendente, tuttavia episodio minore, celato come una storia segreta, che non produce lacerazioni nel modello.
L'esigenza di inserire le funzioni speciali richieste consente di sviluppare, anche in questo caso, il tema dell'eccezione e della relazione di continuità con la residenza. In  questa città, fatta di case, l'edificio pubblico va inserito senza contrastare il movimento regolare dell'insieme: qualunque segno isolato risulterebbe velleitario, oltre che arbitrario. Accettato questo vincolo, il progetto indaga la possibilità di dare autonomia figurativa ai pezzi e la soluzione oscillerà ambiguamente tra l'apparizione e la scomparsa di due figure, piccoli edifici raccolti su una sala comune, ancora una volta esagonali. L'eliminazione dell'angolo retto e la messa in movimento delle quinte dei due esagoni impediscono, opportunamente, il confronto diretto col volume delle due Chiese.

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