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Tra il fronte urbano attestato sul lato orientale e il borgo del settore occidentale, il lungo invaso chiuso dall’Anfiteatro segna un intervallo, un lungo “sepolcro” – come sentiva i luoghi Montaigne nella sua immagine di Roma – che aspetta di essere scoperto e restituito allo spazio e al tempo della città antica.
Per cogliere e esaltare questa percezione la decisione è semplice e univoca: riportare l’intero invaso alla quota del Monumento e progettarne il recinto.
Dopo il semplice giardino d’ingresso, conservato come funzione acquisita del corso cittadino, si accede alla quota inferiore (-3.20) attraverso una gradinata che immette con un ingresso nel recinto, costruito ritmicamente dall’ordine dei setti triangolari di sostegno e da un muro di scarpa in pietra. L’eliminazione della strada che taglia i due settori già scoperti del vecchio anfiteatro repubblicano e la riduzione della sezione stradale, dall’altezza di via D. Russo, a una corsia di cinque metri a servizio della residenza, consentiranno l’ulteriore liberazione della struttura: in questo modo l’ampio circuito delle struttura liberata imprimerà fortemente il piano del nuovo invaso, esaltandone il significato di posizione rispetto al grande Anfiteatro sullo sfondo. Dove quindi s’interrompe la geometria del lungo invaso – davanti alla forza della struttura che emerge – ecco la seconda rampa di collegamento, ruotata lungo lo stesso asse, fiancheggiata dall’antico tracciato già individuato dagli scavi, indirizzata verso la fornace posta al centro, elemento dinamico, svincolato dall’ordine dei setti, che ricompone plasticamente l’unità figurativa tra il settore urbano e la trama archeologica.
Sul lato orientale, dove la recente edilizia si fa troppo vicina e invasiva, il recinto emerge di scatto con un corridoio belvedere, portato a sbalzo dallo sviluppo dei setti inferiori, che indirizza la visione. Adesso è possibile liberare la scena principale: dall’ingombro del vecchio antiquarium, dalla modesta sistemazione a verde, dalla scala d’ingresso (non dalla vecchia casa demaniale, ma liberata dall’aggiunta della attuale biglietteria, utile a chiudere sul vertice il comparto di volumi sparsi che circoscrive l’anfiteatro).
Per ricollocare a questo punto l’ingresso conviene ripartire dal progetto della nuova viabilità. Con l’interruzione dell’anello stradale la viabilità locale verrà separata evidentemente tra i due settori; ma la viabilità d’afflusso al monumento va riconsiderata in modo più ampio rispetto all’ipotesi prospettata dal Bando. Conviene infatti partire dal Programma Integrato e dalla previsione del parcheggio di scambio a ridosso della ferrovia. Collocandovi già adesso la sosta degli autobus turistici, il percorso di arrivo al sito archeologico si svilupperebbe attraverso la bella trama che attraversa il comparto agricolo dominato dalla visione del monumento. Alla fine del percorso, sullo slargo che precede via Russo, dove già esiste un ingresso di servizio e la differenza di quota si è ridotta a circa un metro, diventa naturale creare il nuovo edificio d’ ingresso, dove organicamente collocare tutti i servizi: appoggiato al muro di confine dell’antica casa – purtroppo malamente ristrutturata con una illogica manomissione della falda di copertura - , delineato tra la geometria dell’ellisse e l’inviluppo della cortina residenziale, suddiviso dalla proiezione dei setti dell’anfiteatro (al secondo livello conterrà il Museo dei gladiatori).
Il giudizio sul contesto architettonico, accettata l’indifferenza che la costruzione della città ha storicamente riservato ai monumenti dell’antichità, non può limitarsi alle cortine ma va esteso ai due settori. Se quello occidentale è ancora morfologicamente significativo – ma la pratica del rinnovo puntualmente deforma la semplice natura degli impianti -, quello orientale è ormai un argine troppo debole contro l’incalzare delle nuova edilizia. Alla ricostruzione volumetrica applicata ai singoli lotti sarebbe da preferire la sostituzione integrale che consentirebbe di definire un fronte moderno dettato dalle regole della costruzione urbana – ipotesi ancora praticabile prevedendo un premio di cubatura.
Il legame tra il monumento e il paesaggio è ancora oggi salvaguardato. Nel Parco Urbano previsto dal P.R. va isolata l’ampia riserva che lo circoscrive a occidente come parco agricolo (da regolamentarne l’utilizzazione), fino alla masseria isolata da riconvertire a attrezzatura ricettiva. La destinazione più efficace dell’area di confine sul versante opposto, modellata dall’ansa che perimetra il piano dell’anfiteatro, appare quella a orti urbani, destinazione che ne assicura vitalità e funzionalità nel rispetto del contesto. Ma attenzione va prestata al comparto di completamento previsto proprio nell’ area adiacente: in questo caso la scelta tipologica dovrebbe privilegiare il rapporto tra il monumento e il territorio con l’adozione delle volumetrie semplici e compatte proprie delle casa agricola.
Uno scavo in area urbana pone sempre problemi in ordine alla conservazione, valorizzazione e fruizione: nel nostro caso il recinto invece è assimilabile a un parco archeologico in cui l’unica emergenza è quella antica (le strutture saranno lasciate a vista previo consolidamento e protezione degli elevati e dei piani di calpestio). A questo punto le strutture rilevanti sono: l’anfiteatro repubblicano, l’edificio “ellittico” prospiciente, la fornace seicentesca, la strada sterrata; considerando che il settore intra moenia era attestato sul bordo orientale, è probabile che l’area da indagare sia esterna al centro abitato, per cui si porrà il tema di rappresentare un inserto di territorio tra la città e gli anfiteatri , uno scenario anche vuoto che accentuerà la distanza spaziale e temporale delle emergenze. Per questo obiettivo appare necessario riconsiderare l’opportunità di costruire la copertura della fornace, copertura che risulterebbe fatalmente un oggetto architettonico invasivo; rinunciandovi, bisognerà risolvere il problema della protezione delle parti in terra (il prefurnio), problema che pongono anche le tracce della strada sterrata. Accettando la suggestione evocata dal Bando, per cui il nuovo invaso dovrebbe riscoprire la funzione delle aree libere antistanti gli anfiteatri, è facile immaginarlo come uno spazio che può contenere eventi e azioni diverse.
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