Storia urbana
 

Ho iniziato quegli studi in linea col clima e l’euforia di quegli anni - l’euforia e la certezza della nuova scienza urbana. In realtà, dopo i propositi iniziali, mi sono trovato immerso in un lavoro di ricostruzione storica – alla lettera storia dell’edilizia – che, ove concluso, sarebbe arrivato a coprire lo sviluppo edilizio di Roma dal ’500 al ’700. Dagli atti notarili (ma forse nascosto negli orti dei monasteri) registravo la trasformazione lotto per lotto, e il disegno della città emergeva attraverso una animazione, evidente solo alla fine come una scoperta. Mi ero calato nella “microstoria” della città. Infatti, a scorrerli oggi, li ritrovo leggibili, dotati di qualità narrativa, questo significa che avevo colto il filo di un’azione, di un avvenimento reale. Il risultato di una osservazione così ravvicinata, dove l’intensità analitica del procedimento era una necessità anche fine a se stessa, è una consapevolezza del meccanismo di formazione della città storica - la trama viva della morfologia –, quasi una coscienza critica che mi consente oggi di leggere la radiografia degli eventi che l’hanno formata. Mi pare il risultato da opporre a quanti allora mi chiedevano di finalizzare quell’impegno. Dell’impegno tipologico ha scritto proprio Massimo Scolari su Casabella nel tentativo di un bilancio (e vale la pena di confrontare il suo saggio – “Un contributo per la fondazione di una scienza urbana” – apparso quindici anni prima su Controspazio). Allora pareva chiaro che a costituire la cerniera tra analisi e progetto era una teoria dell’architettura e una teoria della città. Gli studi urbani, col senno di poi commenta Scolari, ebbero un destino bloccato sotto la pelle della progettazione: erano studi condotti da architetti e non da storici. A noi, invece, proprio di recente Claudio D’Amato ci riconosceva un impegno scientifico che ci sganciava dal destino della “Tendenza”, avendo evitato “il pericoloso e apparentemente facile passaggio dall’analisi al progetto”.
Quegli studi non si sono conclusi per ragioni contingenti. Per giustificare che non aveva portato avanti gli studi tipologici e urbani, Aldo Rossi, premesso che rappresentavano un momento importante nella formazione di un architetto, faceva osservare che una buona educazione classica non obbliga a diventare un grecista.Quindi lo studio della città è importante per quella formazione ma non è un fine. Come dire che quella mia esperienza, così metodica e segreta ma viva, era in ogni caso una esperienza da fare, per un architetto. (1)

(1) Salvatore Polito, Progetti e ricerche, ArQ 17, ElectaNapoli, 2000

 

La spina dei Borghi. Via Ripetta, analisi di alcuni campioni urbani scelti nella Roma del ’500, in “Roma del Rinascimento” di P. Portoghesi, Electa Editrice, Milano 1971 (con R. Fregna)

 

 


 

Fonti di archivio per una storia edilizia di Roma, I. I libri delle case dal ’500 al ’700: forma e esperienza della città, in Controspazio 9, 1971 (con R. Fregna)

 
 

Fonti di archivio per una storia edilizia di Roma, II. Primi dati sull’urbanizzazione del Tridente, in Controspazio 7, 1972 (con R. Fregna)

 

 

Fonti di archivio per una storia edilizia di Roma, III. Via Ripetta, il piano del Tridente, in Controspazio 5, 1973

 

 

L’analisi urbana, problemi di metodo e tecniche operative. Ricostruzione del processo di formazione del Borgo Murattiano, in “Bari, il Borgo Murattiano” di M. Petrignani, Bari 1972

Lo studio riporta i risultati dell’analisi di undici isolati scelti nell’area di più antica formazione del Borgo. Il criterio eseguito è estremamente semplice e puntuale: attraverso la restituzione progressiva del frazionamento è possibile giungere a una ricostruzione logica dell’isolato. L’intenzione di un approccio così analitico è duplice: una generale che afferma il criterio secondo cui l’indagine sul meccanismo costitutivo della “quantità edilizia” può darci ragione della “forma costitutiva della città”, quando la quantità edilizia ne costituisce appunto l’insieme prevalente; una seconda intenzione è contestuale all’esperienza attraverso cui Bari s’è andata realizzando, nel senso che solo il recupero all’origine del meccanismo di formazione  dei lotti poteva restituirci l’idea del progetto nella sua fase attuativa – quindi secondo la lettera degli Statuti -, recuperandone la regola successivamente compromessa dalla sistematicità degli “abusi” (sistematicità che va indagata a parte). Lo strumento d’indagine prescelto è ricavato direttamente dalle trascrizioni notarili delle concessioni (i dati sono stati organizzati nell’ordine dato dal Registro dei suoli censiti redatto dal Comune nel 1887); l’assetto edilizio con cui si riscontra ogni volta il frazionamento “originario” è ricostruito sulla base delle piante catastali aggiornate al 1939.

 

Cronaca del Tuscolano, Facoltà di Architettura di Roma, Istituto di Fondamenti dell’architettura, Roma 1974

La specie naturalistica di Ferrante Imperato, in “Per un museo metropolitano”, Hinterland 4, 1978

Carpi. Materiali per una mostra sulla città, in Quaderni Emiliani 2, 1979

 

 


 

I quartieri di Napoli. Cronaca e documenti, 1860-1940. I, Fuorigrotta e Bagnoli, Napoli 1980, a cura dell’Amministrazione Provinciale di  Napoli (con A. Lavaggi e Cynthia Fico)

Una collana di quaderni dedicati ai quartieri di Napoli da far circolare soprattutto tra i giovani e nelle scuole, pensata come occasione di discussione, di didattica scolastica, di conoscenza pubblica, un modo (nel clima di quegli anni) di rendere operante la consapevolezza di tutti i cittadini verso l’identità civile e culturale della propria città. Ogni quaderno (ma l’iniziativa si fermò al primo)  assolveva in questo modo a quella funzione di servizio che un’iniziativa sostenuta da un’amministrazione pubblica deve sempre svolgere e che la distingue opportunamente dalla normale produzione accademica e scientifica – ma la scientificità, oltre che dalla capacità di giudizio e senso critico, è garantita dalla ricerca sulle fonti documentative originali, in questo preceduto solo dal saggio di Carlo Cocchia.

 


 

Atlante dei Catasti urbani di Terra di Lavoro, Facoltà di Architettura di Aversa, 1996

L’Atlante dei Catasti storici dei centri urbani di Terra di Lavoro rappresenta ancora oggi, proprio per l’avanzare della conurbazione,   lo strumento per ritrovare il principio del problema. L’epoca del loro rilevamento consente infatti di cogliere i singoli centri, organicamente relazionati nel fitto reticolo territoriale, come entità circoscritte e distinte, quadro di riferimento indispensabile per una corretta analisi delle trasformazioni.
 Rispetto ad altri esempi più noti – e più antichi – in questi catasti è stata operata una riduzione significativa, che limita la descrizione al rapporto tra i pieni e i vuoti (le cortine e gli alvei) omettendo il rilievo delle emergenze architettoniche: ma proprio per questo sono assimilabili a tavole morfologiche, dove la forma urbana è isolata come unico tema documentato, riduzione utile e necessaria per risalire all’organizzazione implicita nella struttura.
 L’occasione di questa raccolta fa riflettere, infine, sulla possibilità di affrontare una rilettura della realtà territoriale ancorata ai suoi centri storici, in un momento in cui la loro attualità era rilanciata dall’insediamento dei poli universitari: si pone allora il problema della loro conservazione (per sottrarli al degrado e alla speculazione, ma anche all’impoverimento di un incontrollato processo di rinnovo edilizio) e del ruolo che possono ancora svolgere in ogni ipotesi di riassetto insediativo del territorio. (1)

(1) L’Atlante è stato curato da Marino Borrelli